E’ stata colpa mia?

senso di colpa incompetenza cervicale ic.it“E’ stata colpa mia?”

ho iniziato a chiedermi, dopo aver perso i miei due figli, a causa dell’incompetenza cervicale (IC)

I miei bambini erano sani, bellissimi, pieni di vita, fino a quando non sono nati, troppo presto, al 6° mese di gravidanza.

Ho desiderato tantissimo quelle gravidanze e ho fatto tutto quanto ritenevo fosse sufficiente per proteggere i miei figli: tanto riposo, controlli tutti i mesi, alimentazione da manuale, mai uno sgarro, mai nemmeno un caffè. 

Eppure, il mio corpo mi ha tradito. Ha tradito la mia fiducia, quelli dei miei figli, del loro papà, dei loro nonni.

All’improvviso, un senso di pesantezza, una goccia di sangue…e una corsa inutile in ospedale: non c’era più nulla da fare, il parto era inarrestabile.

Ma il mio corpo, non sono io?…è stata quindi colpa mia?

Quando si perde un figlio, noi madri, non solo ci ritroviamo ad affrontare il dolore terribile della perdita, ma dobbiamo fare i conti anche con il più vile dei nemici: il senso di colpa. 

Il tormento che fossi stata io, col mio corpo, ad aver causato la morte dei miei figli ha soffocato le mie giornate per lunghissimo tempo.

Dapprima pensavo ad ogni minimo evento che aveva preceduto quei terribili giorni: saranno stati i pantaloni troppo stretti? dovevo stare  sdraiata? tenere le gambe in sù? quello che ho mangiato mi ha gonfiato la pancia ed è stato quel peso a scatenare il parto?

Poi la mia attenzione si è spostata interamente su di lui, il mio corpo.

Lui era diventato un estraneo, un mostro – un altro da me. Lui, così crudele, da aver causato la morte dei miei figli; lui così inutile, difettoso, da non riuscire nemmeno in quello in cui tutte le donne,  da che mondo è mondo, fanno: portare una gravidanza a termine.

Ma lui, non sono io? Il mio corpo non è parte di me?

Improvvisamente non avevo più dubbi: era colpa mia.

Nulla mi faceva più pensare diversamente: ogni parola di rassicurazione del mio compagno, dei medici, dei miei genitori, era inutile. Era colpa mia.

Poi ho conosciuto altre donne con la mia stessa patologia. Più ascoltavo le loro storie, più mi stupivo di quanto avessimo vissuto le stesse esperienze, pur essendo donne completamente diverse. Possibile che avessimo causato tutte ciò che ci era successo?

Poi ho iniziato a studiare le ricerche scientifiche più importanti sul tema dell’incompetenza cervicale (IC). Centinaia di testi, di esperti di tutto il mondo: Stati Uniti, Inghilterra, Italia, India, Giappone…ovunque, tutti, concordavano su un punto: non c’è modo, per la madre, di evitare l’irreparabile. Solo mani esperte, possono aiutarla, nelle gravidanze successive, a trovare il trattamento giusto per lei per abbracciare il suo arcobaleno.

Ed ecco che il senso di colpa aveva lasciato la strada a una sensazione nuova: un desiderio di rivalsa, una determinazione senza remore. Non potevo cambiare il passato, non potevo cambiare il mio corpo, non potevo avere i miei figli indietro con me. Ma non era colpa mia.

E, soprattutto, potevo fare qualcosa.

Grazie alla ricerca su Internet e al confronto con medici esperti, potevo imparare quanto più possibile sull’IC per avere consapevolezza dei rischi a cui andavo incontro, ma anche delle opportunità che avevo a disposizione in termini di trattamento. Potevo, in questo modo, cercare di tutelare le mie gravidanze future. Potevo dare un senso alla perdita dei miei, amatissimi, figli.

I miei bimbi mi hanno fatto tanti doni. Tra questi, c’è la consapevolezza della relazione fra volontà e colpa, e quella fra la volontà e il risultato finale.

Non volevo perdere i miei figli e non ho fatto nulla, volontariamente, per perderli – quindi non è stata colpa mia. Voglio fare qualcosa – ora che so a cosa posso andare incontro in una prossima gravidanza. Voglio mettercela tutta – per avere un futuro diverso.

Sono viva – il finale della mia storia è ancora di scrivere.

 

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