“Sei forte, ce la farai”
Quante volte me l’hanno detto dopo la perdita dei miei due figli.
Sicuramente desideravano consolarmi, forse lo pensavano davvero che io fossi forte, così forte da poter superare anche queste durissime prove.
Ma quanta rabbia cresceva in me quando me lo dicevano.
Tanta rabbia, perché leggevo in quelle parole la negazione del mio diritto di disperarmi per la morte dei miei figli, la loro fretta di vedermi di nuovo sorridente e allegra, come sempre lo ero sempre stata, prima.
Non nego che anch’io volessi tornare a sentirmi meglio il prima possibile…ogni giorno di dolore era per me un peso insostenibile.
Allora perché non volevo avere fretta di tornare a sorridere? Perché non volevo seguire i consigli di chi mi diceva di reagire, di essere, appunto,”forte”?
Perché essere forte non significa quello che comunemente si pensa.
Non significa sorridere, nonostante il dolore. Significa sorridere, anche grazie al dolore.
E ci vuole tempo per riuscire a farcela.
Perché all’inizio fa ribrezzo la sola idea di poter essere felici pensando ai nostri figli non con noi.
Ci vogliono mesi, a volte anni, per riuscire a pensare a questi figli come a un dono, come a qualcosa di stupendo che ci è accaduto…e riuscire persino a sorridere.
Nei primi mesi dopo la perdita dei miei figli a causa dell’ic, ero talmente inghiottita dal dolore e dallo shock che non riuscivo a pensare a loro senza piangere, senza sentirmi in colpa per questo mio corpo che aveva tradito la mia e la loro fiducia, per questa vita che sembrava troppo difficile per essere vissuta.
Oggi, questa stessa vita mi appare sotto una luce diversa: il dolore, prima soffocante, ha lasciato spazio alla consapevolezza che amo a tal punto i miei figli, che non cambierei il mio passato, visto che mi ha dato loro.
Oggi, so per certo che rivivrei tutto, pur conoscendo l’epilogo. La sorpresa dei test positivi, l’emozione di saperli e vederli crescere dentro me, le ecografie, sentirli sgambettare…rivivrei tutto, senza cambiare niente. Perché loro sono i miei figli e non avrei voluto avere altre gravidanze se non quelle che ho avuto con loro.
La loro perdita è solo una parte della storia. Una storia che racconta più di tutto di amore, il più grande amore della mia vita.
Ma bisogna essere pronti per arrivare ad un punto del proprio percorso personale come questo.
Prima, il rischio di mentire a se stessi, oltre che agli altri, è altissimo. E può causare anche non pochi danni.
Prima, è necessario piangere, urlare, arrabbiarsi con tutti, col proprio corpo, con la vita stessa.
Essere forti significa questo: accettare che c’è un tempo per piangere e uno, successivo, per reagire, e realizzare la propria felicità, qualsiasi forma abbia, qualsiasi periodo di tempo sia necessario.
L.H.
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